«Tutti possono essere infelici, ma è il rendersi infelici che va imparato, e a ciò non basta certamente qualche sventura personale».
Paul Watzlawick
La ricerca della felicità, oltre ad essere il titolo di un famoso film di Gabriele Muccino, è un tema assai ricorrente nella vita di tutti noi.
Tutti vogliamo in qualche modo essere felici, allontanare i momenti di sofferenza e superare qualunque situazione di stress o di disagio personale.
Eppure non è solo la felicità ad essere una condizione desiderabile, ma anche l’infelicità può esserci “dolorosamente necessaria”, ed ecco perché molti di noi potrebbero avere bisogno di consigli anche in questa direzione.
Paul Watzlawick, filosofo, sociologo e psicologo austriaco, fondatore nel 1987, insieme a Giorgio Nardone, del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, all’interno di uno dei suoi libri più noti, “Istruzioni per rendersi infelici” (Milano, Feltrinelli, 1983), in maniera molto ironica e divertente, ci parla finalmente di come riuscire a renderci “felicemente infelici”, evitando di procurarci troppa infelicità e, a tale scopo, definisce alcuni ingredienti fondamentali.
Tra tutti gli ingredienti che Paul Watzlawick cita all’interno del libro, ne ho selezionati alcuni che considero tra i più significativi:
1. mantenersi incondizionatamente fedeli a se stessi, ritenendo che il proprio punto di vista sia l’unico assolutamente valido e indiscutibile
2. rimanere prigionieri del proprio passato, continuando a pensare alla propria giovinezza come all'”età dell’oro irrimediabilmente perduta”
3. la “profezia che si autorealizza”, ovvero cercare di prevedere, come nel mito di Edipo, il proprio futuro, finendo per provocare proprio ciò che si teme
4. raggiungere una meta, privandosi del desiderio che si prova nel tentare di conquistarla, poiché assai “meglio dell’arrivare, è il viaggiare pieni di speranza”
5. prescriversi di essere felici
Quest’ultima indicazione si basa sul paradosso del cosiddetto “Sii spontaneo!”, una delle più assurde tra le insidie che possiamo trovare nella struttura della comunicazione umana.
Essere spontanei infatti, ubbidendo a un ordine, è tanto impossibile quanto dimenticare intenzionalmente qualcosa o scegliere di dormire più profondamente.
Allo stesso modo, cercare a tutti costi di essere felici e di buonumore non solo è irrealizzabile, ma è anche dannoso, poiché paradossalmente può generare in noi maggiore infelicità, depressione e senso di colpa.
Uno dei passaggi che ritengo più importanti del libro di Paul Watzlawick, riguarda uno dei concetti chiave in Terapia Breve Strategica, ovvero quello di “tentata soluzione disfunzionale”.
L’autore prova a descriverci questo costrutto attraverso una famosa storiella: “Sotto un lampione c’è un ubriaco che sta cercando qualcosa. Si avvicina un poliziotto e gli chiede che cosa ha perduto. La mia chiave – risponde l’uomo, e si mettono a cercare tutti e due. Dopo aver guardato a lungo, il poliziotto gli chiede se è proprio sicuro di averla persa lì. L’altro risponde – No, non qui, solo che là è troppo buio“.
Una ricerca sterile di questo tipo, inevitabilmente, porta sempre allo stesso risultato, cioè a niente.
In questo caso infatti, il gioco perverso che porta alla catastrofe personale si fonda sull’incapacità da parte della persona di abbandonare soluzioni che in passato si sono rivelate efficaci, ma che nel presente sono del tutto inadeguate.
Le conseguenze di questo comportamento sono di due tipi: da un lato, non si utilizza la soluzione giusta e così si complica la situazione, incrementando il disagio, dall’altro, si giunge all’unica conclusione apparentemente logica di non essersi dati abbastanza da fare, o che il problema sia troppo complesso per essere risolto.
In ogni caso, la ricetta per l’infelicità è realizzata.
Vi consiglio questo testo non solo perché è considerato un vero e proprio best-seller, ma anche perché rappresenta una sorta di manuale di istruzioni “pronte all’uso” per renderci veramente capaci di costruire problemi e difficoltà, che pertanto potremmo anche cercare di evitare.
“Paul Watzlawick ha attraversato come una stella cometa la seconda metà del secolo scorso, illuminando con le sue idee, il suo lavoro, i suoi scritti intere generazioni di studiosi e professionisti, non solo nelle aree della psicologia, della psichiatria e della sociologia, ma anche in altri campi lontani dalle scienze umane, come l’economia, l’ingegneria o le scienze pure, come la fisica e la biologia…”
A questo link puoi trovare il bellissimo tributo di Giorgio Nardone al suo maestro e amico Paul Watzlawick nel decennale della sua scomparsa, realizzato in occasione del simposio “I dialoghi del cambiamento”.