«L’unica cosa a cui non riesco a resistere sono le tentazioni».
Oscar Wilde
Molte delle patologie psichiche legate all’alimentazione sembrano essere una prerogativa delle società occidentali, improntate al benessere e alla ricchezza, mentre nei paesi sottosviluppati, dove mangiare non rappresenta un piacere, ma un modo per garantirsi la sopravvivenza, questi problemi risultano assolutamente sconosciuti.
Il termine “bulimia”, etimologicamente, significa “fame da bue” e, nelle sue svariate forme, rappresenta un disturbo alimentare molto diffuso che si manifesta principalmente come una compulsione irrefrenabile a mangiare, non dovuta tanto alla fame, quanto piuttosto al desiderio di consumare cibo.
Chi soffre di questa patologia tende a mangiare spesso in maniera spropositata e irregolare, per poi pentirsi e cercare di perdere peso attraverso diete o regimi alimentari restrittivi, salvo poi rinunciarvi e riprendere i chili persi, purtroppo con gli interessi.
Una recente ricerca per la rivista American Psychologist ha infatti mostrato come l’80% dei soggetti a dieta risulti in netto sovrappeso, per cui non è vero che stando a dieta si dimagrisca, anzi… è più probabile che si finisca per ingrassare!
Secondo il DSM, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, oggi giunto alla quinta edizione, le caratteristiche diagnostiche della bulimia nervosa sono:
Secondo il DSM poi, nei soggetti con bulimia nervosa, sarebbero presenti in misura maggiore disturbi dell’umore, sintomi d’ansia e depressivi, abuso o dipendenza da alcool e altre sostanze stimolanti, che spesso iniziano nel tentativo di controllare l’appetito e il peso.
In Terapia Breve Strategica, non si è soliti definire un problema a priori, ma lo si conosce solamente lavorando direttamente su di esso, insieme al paziente, per cercare di cambiarlo.
Sono le soluzioni efficaci a spiegarci il funzionamento di un problema e a darci informazioni sulle sue caratteristiche di persistenza.
In una delle prime ricerche del Centro di Terapia Strategica di Arezzo sui disordini alimentari (Nardone, Milanese, Verbitz, 1999), si è scoperto che, con alcune pazienti, le classiche manovre utilizzate per lo sblocco della bulimia nervosa non producevano risultati. Si è venuta così a definire una terza categoria diagnostica, la “sindrome da Vomito” o “vomiting”, una sorta di perversione basata sul cibo, sul piacere di mangiare per vomitare.
Il vomiting è considerato il più importante tipo di patologia alimentare moderna, la più frequente negli ultimi anni, ma spesso non è riconosciuta dal grande pubblico, poiché viene confusa con la bulimia o ritenuta un accessorio dell’anoressia nervosa.
Coloro che fanno ricorso al vomito ripetutamente e per un periodo di tempo prolungato, nella maggioranza dei casi infatti, giungono a infilarsi nella trappola di questo disturbo.
Se nella letteratura psichiatrica e nell’immaginario comune, per bulimia nervosa si intende una patologia generalmente accompagnata dal vomito autoindotto, gli studi empirici condotti presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo hanno invece dimostrato come il “mangiare e vomitare” sia in realtà un problema a se stante, che presenta caratteristiche di persistenza peculiari, tanto da meritarsi una definizione esclusiva.
Di conseguenza, all’interno di questa prospettiva, si considera la bulimia un disturbo caratterizzato esclusivamente da colossali abbuffate di cibo, la cui principale tentata soluzione fallimentare è rappresentata dal tentativo di controllo attraverso la dieta.
Gli studi empirici hanno permesso di identificare tre principali tipologie di bulimia.
Sulla base dello stesso tipo di sintomatologia bulimica, ovvero il non saper resistere alla tentazione del cibo, si hanno quindi tre differenti modalità di persistenza del problema. Ciò ha condotto il gruppo di ricercatori del Centro di Terapia Strategica di Arezzo alla formulazione e alla messa a punto di differenti modalità di intervento terapeutico che calzassero per ognuna di tali realtà.
In generale, la ricerca sull’efficacia dei trattamenti ha mostrato che circa il 91% dei casi è stato portato a piena risoluzione.
Nel caso della bulimia, è necessario intervenire attraverso l’utilizzo di stratagemmi terapeutici che conducano allo sblocco del circolo vizioso poiché, nonostante la maggior parte di questi soggetti sia collaborativa, non è in grado di interrompere razionalmente le proprie modalità disfunzionali.
Questo del resto, è anche il motivo per il quale le diete, prescritte usualmente facendo leva sulla motivazione e volontà della persona a cambiare il suo sofferto stato, nella maggioranza dei casi naufragano miseramente, così come falliscono le terapie basate prioritariamente sull’addestramento del soggetto al controllo della sua compulsione a mangiare.
Il problema essenziale di ogni dieta consiste indubbiamente nel suo mantenimento nel tempo, poiché nessuno di noi riesce ad osservare a lungo un regime alimentare troppo restrittivo. Dopo un po’ di tempo, ci si stanca, lo si abbandona, e spesso si ritorna purtroppo ad ingrassare.
Qualunque dieta infatti, va ad interferire pesantemente con la sensazione fondamentale su cui si basa il nostro rapporto con il cibo: il piacere, ecco allora perché quest’ultimo dovrebbe diventare il principale fondamento di un buon programma alimentare.
Uno dei costrutti più importanti, formulato negli ultimi anni, per intervenire efficacemente sulla bulimia nervosa e per riuscire a creare una relazione sana con il cibo, è quello descritto nel libro “La dieta paradossale. Sciogliere i blocchi psicologici che impediscono di dimagrire e mantenersi in forma” (Milano, Ponte alle Grazie, 2007).
Giorgio Nardone e i suoi collaboratori hanno infatti messo a punto un percorso che ha successo nel far perdere peso alla persona senza rinunciare ai piaceri della buona tavola.
Lo stratagemma della dieta paradossale è stato applicato non solo in Italia, ma anche in Europa, Stati Uniti, Sudamerica e nelle sedi all’estero del Centro di Terapia Strategica di Arezzo ed ha dimostrato risultati davvero sorprendenti.
Attraverso questa manovra terapeutica, ovvero chiedendo alla persona di mangiare solo e soltanto ciò che le piace di più nei tre pasti principali, colazione, pranzo e cena, il desiderio dei cibi proibiti e delle abbuffate diminuisce naturalmente ed il soggetto riesce non solo a recuperare un rapporto equilibrato con l’alimentazione, ma anche a dimagrire.
La ricerca della qualità del piacere permette infatti di gestire il controllo della quantità ed egli si ritroverà naturalmente a scegliere, senza esagerare, le sostanze di cui il suo organismo ha veramente bisogno.
Nel testo, l’autore spiega perché molti rimedi utilizzati dalla persona per perdere peso, come il vietarsi i cibi più calorici, l’esercizio fisico eccessivo o alcuni farmaci ad oggi in commercio, i cosiddetti “anoressizzanti”, producano degli esiti fallimentari, e mostra come invece il riuscire a concedersi il piacere del cibo permetta di potervi rinunciare più facilmente.
La dieta paradossale dovrebbe diventare uno stile di vita, un modo per prendersi cura di se stessi e del proprio corpo, assecondando le sue naturali inclinazioni.
Ogni pasto allora, potrebbe trasformarsi un appuntamento piacevole e rilassante, prestando particolare attenzione all’atmosfera e al contesto in cui si inserisce.
Nell’ultima parte del libro, Giorgio Nardone suggerisce anche al lettore come scegliere l’attività motoria più adatta a mantenersi in forma, non in virtù del suo potere di bruciare calorie, ma in base alle proprie sensazioni e alle proprie abitudini, affinché venga percepita non come un obbligo, ma come una sana esigenza.
Per riuscire ad essere costante infatti, qualunque tipo di esercizio fisico dovrebbe risultare congeniale e piacevole, altrimenti la resa nei confronti della fatica fisica e mentale sarà del tutto inevitabile.
Un altro testo molto interessante che suggerisco spesso ai pazienti bulimici è: “Dieta o non dieta. Per un nuovo equilibrio tra cibo, piacere e salute” (Milano, Ponte alle Grazie, 2014), in cui compaiono i contributi di diversi professionisti, nutrizionisti, psicologi e terapeuti, che propongono una visione del rapporto con il cibo innovativa, in sintonia con il nostro metabolismo e il nostro benessere psicologico.
Il secondo capitolo, scritto da Luca Speciani, inventore insieme al fratello Attilio della dieta Gift, propone un paragone interessante tra gli uomini e gli scoiattoli.
L’autore afferma come nessuno di questi mammiferi, a differenza dell’uomo, sia in sovrappeso, poiché segue naturalmente, per nutrirsi, quelli che sono i segnali ipotalamici di fame e di sazietà.
Secondo Speciani, non esistono “diete magiche”, ma tutti i regimi dietologici restrittivi sono destinati a fallire, poiché rallentando il nostro metabolismo, quando li interrompiamo, siamo portati ad ingrassare rapidamente fino a recuperare tutto il peso, con nuovo grasso.
È solo seguendo uno stile di vita sano che è possibile trovare un equilibrio per mantenersi in piena salute: fare ricche colazioni al mattino e cene leggere alla sera, prestare attenzione ai cibi che acquistiamo e, soprattutto, mantenerci in forma attraverso l’attività fisica, come la corsa ad esempio.
Nel quinto capitolo, Monica Rossi, nutrizionista e docente di medicina anti-aging e preventiva, paragona l’uomo moderno ad un “otre pieno”, per cui nella vita di oggi, fatta di obblighi, rinunce, nervosismo e insicurezza, qualsiasi ulteriore compito, come ad esempio una dieta, che richiama al senso del sacrificio e della privazione, avrebbe lo stesso effetto di un’innocua piccola goccia.
La cornice ecologica in cui affrontiamo il pasto poi, potrebbe contribuire o meno al nostro benessere.
Se infatti trascorriamo un pranzo o una cena in un’atmosfera di relax e spensieratezza, non avremo nessuna difficoltà di digestione e, probabilmente, nessuna ripercussione metabolica non voluta. Se invece il cibo viene consumato in una condizione di disagio e di tensione emotiva, finiremo per non digerirlo e dormire male la notte.
Secondo Monica Rossi, l’unica dieta giusta potrebbe essere una “non dieta”, ovvero una sensazione di spontaneità e di libertà nella scelta quotidiana del cibo, così come un costante perseguimento del benessere psico-fisico e di un senso di autostima.
All’interno dell’ultimo capitolo infine, Giorgio Nardone e Elisa Valteroni, curatori del testo, compiono un viaggio nella storia della nutrizione, dalla nascita del bambino fino all’età adulta, facendo riferimento a come tutto ciò si intrecci con la cultura di riferimento.
Nutrirsi rappresenta un fenomeno biologico che permette la sopravvivenza di un individuo, ma al tempo stesso è anche un fenomeno psicologico, relazionale e sociale.
I due autori riprendono il paradosso della dieta per cui, oltre a non funzionare, il sottoporsi a un regime alimentare restrittivo fa effettivamente ingrassare, e forniscono una definizione dettagliata della bulimia, del binge eating e del loro trattamento, che ha mostrato un’efficacia statisticamente significativa nella perdita di peso e nel miglioramento della sintomatologia clinica.
“Che il cibo sia la tua medicina”, diceva Ippocrate, il primo medico ufficiale della storia, 2500 anni fa.
L’alimentazione, oltre ad essere il nostro principale nutrimento, è anche fonte di piacere e rappresenta una potente forma di comunicazione con noi stessi e con gli altri.
L’attività fisica e il movimento ci permettono di agire nel mondo e di mobilitare risorse psicobiologiche che rafforzano il nostro sistema immunitario.
Amare con passione, a sua volta, ci rende vivi e caratterizza tutto ciò che facciamo, non solo le cose più importanti.
Da queste considerazioni, parafrasando un famoso film con protagonista Julia Roberts, nasce il titolo del libro di Giorgio Nardone e Luca Speciani: “Mangia muoviti ama: uno psicologo e un medico insieme per insegnarti la nuova scienza dello stile di vita” (Milano, Ponte alle Grazie, 2015), un testo che si propone di aiutarci a costruire, ma soprattutto a mantenere, la nostra salute e il nostro benessere insegnandoci un nuovo stile di vita.
Un medico e uno psicologo, in maniera armonica e complementare, ci spiegano come cambiare le attitudini all’agire, al relazionarsi e al nutrirsi rappresenti la migliore possibilità, per ognuno di noi, di trasformare dinamiche disfunzionali in sani equilibri biopsicologici.
Gli autori, all’interno di questo libro, affrontano e analizzano parallelamente alcune patologie, quali l’ipotiroidismo, l’ipertensione, i disturbi somatoformi, la depressione, le allergie, il sovrappeso e l’obesità, partendo dalle loro differenti esperienze cliniche e di ricerca, quello medico, che cura utilizzando la medicina di segnale, e quello psicologico, che tratta i vari disturbi mentali attraverso il modello della terapia breve strategica.
L’intento è quello di offrire al lettore una sorta di canto e controcanto sulla stessa area di patologia, che renda chiaro come, ad un certo punto, le due prospettive convergano, unificandosi in un unico approccio medico-psicologico complesso, ma semplice nelle sue applicazioni, che si presta molto bene alla misurazione empirica degli effetti.
L’ultima parte del testo tratta di sovrappeso e obesità, le aree di intervento in cui Giorgio Nardone e Luca Speciani si sono incontrati e sulle quali hanno sperimentato la fecondità dell’interazione tra i loro due approcci clinici.
Il primo, per affrontare e risolvere questi problemi, ha formulato il concetto di dieta paradossale, di cui ho parlato in precedenza, mentre il secondo ha invece ideato la cosiddetta dieta Gift: tre pasti al giorno con colazione molto ricca, assunzione di abbondante cibo in ogni pasto, fino a completa sazietà, eliminazione di ogni restrizione calorica, movimento fisico regolare.
E’ risaputo come in natura non esistano scoliattoli obesi e anche noi, grazie ai preziosi suggerimenti contenuti all’interno di questo libro, potremmo finalmente scoprire come sia possibile riuscire a dimagrire mangiando!