«La perversione dell’intelligenza e l’eccesso di controllo conducono all’ossessione».
Chiara Ratto
Le fissazioni ossessive sono pensieri, idee o immagini particolarmente ricorrenti e intrusive, che causano forte ansia, interferiscono con le normali attività quotidiane e si impongono alla mente della persona in maniera autonoma, cioè contro la propria volontà.
Rappresentano dei fenomeni cognitivi egodistonici, ovvero vissuti come estranei al concetto di sé, e che il soggetto tenta inutilmente di ignorare o di neutralizzare opponendovi altri pensieri e azioni.
In genere, i contenuti delle ossessioni non sono in qualche modo legati a reali problematiche di vita, ma hanno come tema predominante alcune paure irrazionali e infondate delle quali la persona non riesce a liberarsi.
Le fissazioni ossessive più frequenti sono ad esempio: la paura di avere tendenze omosessuali o pedofiliche, la paura di fare del male a se stessi o di uccidere propri cari, la paura di soffrire di una grave malattia mentale, la paura di poter investire qualcuno con la propria auto, la paura per una persona particolarmente religiosa, di avere pensieri blasfemi o demoniaci ecc.
In tutti questi casi, il denominatore comune è il timore costante di non avere il controllo di sé o della propria mente e di poter quindi compiere “involontariamente” dei gesti efferati di cui ci si potrebbe pentire.
L’idea di commettere azioni immorali, criminali, o contrarie ai propri valori e principi, innesca ansia, paura e senso di colpa per ciò che non si è fatto, ma solo pensato.
Le persone ossessive generalmente non sono cattive, anzi, spesso possiedono una condotta irreprensibile. Sono molto rigide, giudicanti, perfezioniste e hanno il terrore di commettere errori.
Solitamente si tratta anche di soggetti molto tranquilli, che si spaventano facilmente e che nutrono molta paura nei confronti della propria e dell’altrui aggressività.
Chi soffre di questo disturbo vuole mantenere tutto sotto controllo, se stesso, gli altri e la realtà che lo circonda, ma proprio questo atteggiamento mentale conduce inesorabilmente alla totale perdita di controllo.
In una prospettiva strategica, ogni problema è sostenuto da un insieme di processi mentali e di comportamenti che la persona insiste nell’applicare per cercare di stare meglio.
Di fronte alla presenza di fissazioni ossessive, il soggetto, nel tentativo di fronteggiarle o di difendersi, può mettere in atto alcune tentate soluzioni disfunzionali che contribuiscono a far peggiorare ulteriormente il suo disturbo.
Eccone alcune:
La tentata soluzione principale delle persone con fissazioni ossessive è il controllo del pensiero, detta anche repressione paradossale (Bartoletti, 2019), la quale si esprime con il tentativo di non pensare, di distrarsi mentalmente o di scacciare le ossessioni inaccettabili che tormentano.
Pensare di non pensare, vuol dire pensare ancora di più, pertanto chi soffre di questo problema finisce per trovarsi completamente intrappolato in questo meccanismo, alimentando ancora di più la propria ossessione.
Chi vive con la presenza costante di fissazioni ossessive o preoccupazioni invalidanti spesso tende a parlare molto del suo problema e a chiedere frequentemente rassicurazioni ai propri amici o famigliari.
Si chiede rassicurazione a partire dai delitti di cronaca: “Secondo te sarei capace di commettere un gesto così efferato?”, su come funziona l’uomo: “E’ possibile cambiare improvvisamente i propri gusti sessuali?”, o sul funzionamento delle psicopatologie: “Come faccio a sapere di non essere pazzo?” ecc.
Questa richiesta d’aiuto tuttavia, è una tentata soluzione che, anche se in un primo momento fornisce alla persona una sensazione di sicurezza, porta successivamente a far sperimentare un forte senso di incapacità personale e rende ancora più “reali” le proprie paure.
Famigliari ed amici, pensando che il miglior modo per aiutare il paziente sia quello di ascoltarlo e cercare di proteggerlo, finiscono per abdicare alla sua autonomia e per far cronicizzare ulteriormente le sue ossessioni.
Chi soffre di fissazioni ossessive molto spesso tende ad evitare situazioni o eventi che potrebbero innescare questi pensieri.
Questa tentata soluzione, al pari delle precedenti, se inizialmente fa sentire la persona protetta e rassicurata, a lungo andare contribuisce ad aggravare il suo disturbo.
Evitando infatti, non solo il soggetto non ha modo di rendersi conto che i suoi pensieri ossessivi sono del tutto infondati, ma genera una spirale crescente di evitamenti, per cui aumenteranno progressivamente il numero di stimoli e di situazioni che verranno evitate.
La persona che soffre di pensieri ossessivi ricorrenti, che generano ansia e paura, potrebbe cercare di neutralizzarli mettendo in atto alcuni rituali di azione o di pensiero, che prendono il nome di compulsioni, andando incontro ad un altro tipo di problema, ovvero il disturbo ossessivo-compulsivo.
La tentata soluzione dei rituali, in questi casi, aiuta il soggetto ad avvertire una sensazione di apparente controllo dell’ansia, ma quello che in seguito accade, è che egli non riesca più a smettere di eseguire questi comportamenti, pregiudicando così in misura crescente la propria vita e quella dei suoi famigliari.
L’incipit del dubbio di solito è “E se…”, e il dubitare sulle fissazioni ossessive vuol dire principalmente mettere in discussione le proprie percezioni, sensazioni, pulsioni, orientamenti: “E se fossi omosessuale?”, “E se un giorno perdessi il controllo e facessi una strage?”, “E se non ricordassi bene quello che ho fatto?”…
Ogni dubbio diventa una domanda intelligente, degna di una risposta, e la persona, rimuginandoci sopra, cerca in qualche modo di trovare, per ognuna di esse, una rassicurazione razionale, ma finirà purtroppo con lo sperimentare solamente un incremento dell’ossessione.
I soggetti ossessivi sono spesso persone molto intelligenti e di successo.
Si potrebbe addirittura affermare che la patologia ossessiva è direttamente proporzionale all’intelligenza e alle capacità dell’individuo che ne soffre, poiché proprio in virtù di queste qualità riesce a costruirsi una trappola da cui diventa sempre più difficile fuggire.
Le persone ossessive tentano costantemente di avere tutto sotto controllo, anche ciò che è al di fuori della portata di chiunque: gli eventi futuri, la vita personale e professionale, il partner o i propri figli.
Il più delle volte, vanno in crisi quando si scontrano con qualcosa che non riescono a spiegarsi razionalmente o su cui non possono esercitare la loro volontà, finendo generalmente per chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta.
La Terapia Breve Strategica è un tipo di intervento psicologico che si è dimostrato molto efficace nei confronti delle patologie ossessive.
Il bersaglio terapeutico, con questa patologia, è generalmente quello di smontare il meccanismo di “controllo che fa perdere il controllo” sia a livello di azioni che di pensieri.
Nel trattamento di questo problema, si utilizzano alcune tecniche paradossali, fondate sulla “prescrizione del sintomo”, ovvero orientate a rendere l’ossessione volontaria, che permettano al paziente di vivere quell’“esperienza emozionale correttiva” in grado di produrre il cambiamento terapeutico.
La prescrizione che solitamente viene fornita, in questi casi, è quella di cercare di concentrare le fissazioni ossessive in alcuni momenti precisi della giornata, facendo in modo che la persona ne assuma il controllo.
Solitamente si invita il paziente a pensare volontariamente alle sue ossessioni allo scoccare di ogni ora, per cinque minuti, cercando di calarsi volontariamente nelle sue paure e rinviando all’appuntamento successivo nel caso in cui le fissazioni ossessive dovessero presentarsi nell’intervallo di tempo tra un’ora e l’altra.
La cosa più importante che deve sperimentare la persona ossessiva, per uscire dalle proprie trappole mentali, è il rischio di lasciare qualcosa o qualcuno senza il suo controllo, solo cosi potrà poi verificare che le cose non solo non vanno male, ma vanno addirittura meglio.
È necessario quindi guidarla affinché impari ad esercitare volontariamente l’assenza di controllo sulle varie aree della sua vita. In questo modo, sarà possibile rendere più flessibile la sua mente e liberarla dalle catene del pensiero ossessivo.
Siamo tutti un po’ ossessivi, la differenza sta nel grado di ossessività: sotto una certa soglia l’ossessività è funzionale, sopra una certa soglia diventa disfunzionale.
Per approfondire ulteriormente questo argomento, puoi guardare la mia intervista con Cristina Di Loreto realizzata all’interno del ciclo di incontri Esperienze strategiche.
Il libro di Alessandro Bartoletti, psicologo e psicoterapeuta selezionato del Centro di Terapia Strategica di Arezzo: “Pensieri brutti e cattivi. Ossessioni tabù: come liberarsene'” (Milano, Franco Angeli, 2019) racconta di come sia possibile guarire da tutti quei pensieri deprecabili e innominabili, che rappresentano l’opposto di tutti i nostri valori etici, umani o morali.
Il testo affronta il tema scottante delle più sgradevoli fissazioni ossessive di cui si possa soffrire (la paura di uccidere, ossessioni suicide, ossessioni sessuali, pedofiliche, infanticide, possessioni demoniache, ossessioni religiose, blasfemie, ossessioni omosessuali, schizofrenia ecc.) e descrive sia come questi pensieri si formano sia come si mantengano nel tempo, attraverso una serie di rituali fisici o mentali.
Nell’ultima parte del libro, sono narrate, in un linguaggio molto semplice, divertente e anche un po’ dissacrante, una serie di storie reali di soluzioni efficaci ottenute attraverso la Terapia Breve Strategica, proprio per mostrare come sia possibile, attraverso le opportune strategie terapeutiche, uscire velocemente da questo problema, restituendo alla persona la tranquillità di pensare liberamente.
Puoi trovare una breve presentazione del libro e dei suoi contenuti da parte dell’autore a questo link.
«Una trappola è una trappola solo quando non la conosci.
Quando la conosci, si tratta di un’opportunità».
China Miéville
Ognuno di noi costruisce, involontariamente, delle trappole mentali di cui diventa prigioniero.
Sono le nostre tentate soluzioni fallimentari, quei comportamenti ripetuti, che all’inizio sembravano darci dei risultati, ma che successivamente, si sono rivelati inefficaci, se non addirittura controproducenti.
All’interno del libro “Psicotrappole. Ovvero le sofferenze che ci costruiamo da soli: imparare a riconoscerle e a combatterle” (Ponte alle Grazie, 2013), Giorgio Nardone ci spiega come i nostri disagi si possano strutturare nel tempo, ma anche come sia possibile trovare, per ognuno di essi, una “psicosoluzione”.
In queste pagine, l’autore descrive:
– le sette psicotrappole del pensare: l’inganno delle aspettative, l’illusione della conoscenza definitiva, il mito del ragionamento perfetto, lo sento quindi è, pensa positivo, coerenza a ogni costo, sopravvalutare e/o sottovalutare
– le otto psicotrappole dell’agire: insistere, rinunciare e arrendersi, la mania del controllo, l’evitamento, il rimandare, l’aiuto che danneggia, difendersi preventivamente, socializzare tutto
– le loro combinazioni patogene, ovvero come queste trappole mentali si possano mettere insieme dando vita a vere e proprie forme di psicopatologia: fobie, ossessioni, disturbi alimentari ecc.
Tra i vari sistemi percettivi-reattivi patologici, si parla in modo accessibile anche al non specialista, del disturbo ossessivo, caratterizzato dall’eccesso di controllo che conduce alla perdita di controllo.
Le varianti di questo problema sono numerose: la persona irrigidita sia mentalmente che fisicamente, la persona tormentata da pensieri e immagini che non riesce a scacciare, quella che tiene sotto controllo il partner fino a soffocarlo con le sue “attenzioni” ecc.
Per tutte queste tipologie di ossessioni, sono state elaborate delle specifiche forme di trattamento strategico.
Oltre il 60 per cento dei casi può essere condotto a superare definitivamente il disturbo nell’arco di pochi mesi, alcuni pazienti possono richiedere invece una terapia più prolungata.