«L’illogico è un passo necessario verso il logico».
Hans Vailhinger
I disturbi da tic si manifestano come dei movimenti involontari e incontrollati del corpo e possono diventare motivo di forte imbarazzo per una persona, nonchè causa di frustrazione poiché sembrano avere una vita propria.
Il senso di impotenza diventa ancora maggiore quando si cerca di contenerli, poiché più si tenta di controllarli e più aumentano di intensità.
Può addirittura succedere che si inneschi una sorta di “circolo vizioso”. Nei momenti di maggiore ansia i tic peggiorano e, a quel punto, cercheremo di tenerli sotto controllo, ma senza riuscirci. Questo inevitabilmente finirà per incrementare l’ansia e, di conseguenza, anche i tic aumenteranno!
Escludendo situazioni dovute a fattori organici, si potrebbero considerare i tic come una variante del disturbo ossessivo-compulsivo, poiché un’azione, in questo caso non mentale, ma manifesta, diventa una sorta di rituale ripetitivo e senza possibilità di controllo.
È bene non creare eccessivi allarmismi, poiché vi sono tic innocui e passeggeri, specialmente nei bambini, che generalmente si risolvono in età adulta.
In ogni caso, il confronto con un professionista potrebbe sempre essere utile per valutare l’entità del disturbo e la possibilità di risolverlo in breve tempo.
Un tic è un movimento, o una vocalizzazione, rapido, improvviso, ricorrente, aritmico e stereotipato, che la persona produce in maniera involontaria e che, per un certo periodo, può riuscire a mantenere sotto controllo.
Alcuni esempi di tic motori possono essere ammiccamenti, torsioni del collo, alzate di spalle, smorfie del viso.
Tic di tipo vocale sono invece, ad esempio, il raschiarsi la gola, tirare su col naso, grugnire, ripetere parole o frasi fuori da un contesto (coprolalia, ecolalia, palilalia).
Il disturbo da tic può essere cronico oppure transitorio e generalmente la sua insorgenza è associata a particolari condizioni di stress sia fisico che sociale.
I tic motori e vocali possono essere semplici o complessi.
Nei primi, vi è il coinvolgimento di pochi muscoli o l’emissione di suoni semplici, nei secondi, vi è il coinvolgimento di gruppi multipli di muscoli reclutati per l’emissione di esplosioni orchestrate o parole e frasi.
La diagnosi è giustificabile solo se la presenza dei tic altera significativamente la vita sociale e lavorativa della persona che ne è portatrice, inoltre, il tic deve essere presente con una frequenza di tre mesi ininterrotti e durare più di un anno.
Nel DSM-5, all’interno della categoria dei disturbi da tic, sono incluse quattro tipologie specifiche: Sindrome di Gilles De la Tourette, Disturbo cronico da tic motori e vocali, Disturbo transitorio da tic e Disturbo da tic non altrimenti specificato.
Vediamole nel dettaglio.
Un particolare tipo di disturbo molto raro, compreso nella categoria dei disturbi da tic, è la Sindrome di Gilles De la Tourette, che presenta sia tic motori che tic vocali e interessa in genere una popolazione di età inferiore ai 18 anni.
Le manifestazioni fondamentali del Disturbo di Tourette sono tic motori multipli e uno o più tic vocali.
I tic si manifestano molte volte al giorno, in modo ricorrente, per un periodo di più di un anno. Durante questo periodo, non vi è mai un periodo senza tic che duri più di tre mesi consecutivi.
La localizzazione anatomica, il numero, la frequenza, la complessità e la gravità dei tic variano nel tempo.
Tic motori semplici e complessi possono riguardare qualunque parte del corpo, inclusi la faccia, la testa, il tronco e gli arti superiori ed inferiori.
I tic motori semplici sono contrazioni rapide e senza significato di uno o di alcuni muscoli, come l’ammiccare, ma possono essere presenti anche tic motori complessi che comprendono toccare, accovacciarsi, inginocchiarsi profondamente, passi indietro o piroette durante la marcia.
I tic vocali includono varie parole o suoni, come schiocchi, grugniti, guaiti, abbai, tirar su col naso, sbuffi e colpi di tosse.
La coprolalia, un tic vocale complesso che comporta lo sbottare con parole oscene, è presente soltanto in una piccola minoranza di soggetti e non è un requisito per la diagnosi di Disturbo di Tourette.
In circa la metà dei soggetti affetti dal disturbo, i primi sintomi che compaiono sono accessi di un singolo tic, più frequentemente ammiccamenti, meno frequentemente tic che riguardano un’altra parte della faccia o del corpo.
Talvolta, questo disturbo inizia con sintomi multipli che insorgono nello stesso momento.
La caratteristica principale di questo disturbo è la presenza o di tic motori o di tic vocali, ma non di entrambi, e questa è la discriminante per distinguerli dal Disturbo di Tourette, in cui devono esserci sia tic motori multipli che uno o più tic vocali.
Le altre caratteristiche del disturbo cronico da tic motori o vocali sono generalmente le stesse del disturbo di Tourette, tranne che per la gravità dei sintomi e la compromissione del funzionamento, che in questo caso sono molto minori.
E’ caratterizzato dalla presenza di tic motori singoli o multipli e/o di tic vocali per almeno quattro settimane, ma non per più di 12 mesi consecutivi.
Le altre caratteristiche essenziali sono le stesse del Disturbo di Tourette.
E’ relativo al disturbo in cui sono presenti dei tic, ma non sono soddisfatti i criteri per un disturbo da tic specifico.
In genere la durata è inferiore alle quattro settimane, oppure i tic compaiono dopo i 18 anni di età.
Come ho già accennato in precedenza, la principale tentata soluzione che le persone adottano nei confronti di questi diturbi è il cosiddetto “controllo che fa perdere il controllo”, ovvero cercare di contenere i comportamenti “ticcosi”, facendoli però diventare ancora più incontrollabili.
I disturbi da tic inoltre, sono spesso molto frequenti nei bambini e, generalmente, i genitori cercheranno di bloccarli adottando vari stratagemmi che si rivelano purtroppo fallimentari.
Tra questi comportamenti, vi sono: cercare di tenere il figlio impegnato in altre attività, tentare di contenere il sintomo dicendo al bambino di non farlo o di trattenersi, cercare di ignorare il disturbo, oppure sperare che con il tempo e l’età tutto passerà in maniera naturale.
Il modello breve strategico da decenni ha costruito modelli di intervento altamente efficaci per queste problematiche.
La logica sottostante ai tic è una logica non ordinaria, se così non fosse infatti, basterebbe la nostra volontà a farli cessare.
Allo stesso modo quindi, l’intervento dovrà essere tanto paradossale quanto lo è questo disturbo, inoltre, il terapeuta dovrà costruire un modello di lavoro ad hoc per la singola persona e per il suo specifico tic.
Davide è un bambino di quasi cinque anni che ha iniziato a manifestare un tic complesso, alla mandibola e al capo, solo in ambito domestico e spesso all’ora di cena.
Tra le tentate soluzioni messe in campo da parte dei genitori, vi è il perverso meccanismo di rassicurazioni all’esterno, cosa che non fa altro che alimentare le dimensioni del problema, oltre ai tentativi fallimentari da parte della madre di coinvolgere e di distrarre il bambino.
Per sbloccare la situazione, i genitori sono stati eletti a coterapeuti e gli viene chiesto di osservare Davide senza intervenire, annotando solo i tic mai visti prima, mantenendo una stretta e rigorosa congiura del silenzio, quale sospensione della condivisione del problema.
Queste manovre iniziali fecero subito ridurre la manifestazione dei tic, in quanto era stato sbloccato il vantaggio secondario di continuare ad elargire massicce attenzioni al figlio.
Da quel momento, da fenomeni involontari i tic andavano rimessi sotto il controllo di Davide, quindi si concordò con i genitori la prescrizione paradossale di far eseguire i tic al bambino ogni ora per cinque minuti.
Prescrivendogli volontariamente di mettere in atto il sintomo, questo cominciava a calare. Le manovre furono via via adeguate fino ad arrivare a prescrivere di emettere il tic al bisogno.
Alla settima seduta, i tic erano scomparsi e Davide aveva risolto completamente il suo problema.
Nel 2014, Massimo Botti e Elena Dacrema, psicologi e psicoterapeuti selezionati del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, da sempre impegnati nell’ambito delle scuole di infanzia, primaria e secondaria di I grado di Piacenza, hanno fornito, all’interno del loro libro “Educazione strategica: rimedi strategici ad uso di genitori e insegnanti alle prese con ragazzi difficili” (Massimo Botti, 2014), un importante contributo rispetto all’aggiornamento delle tecniche di intervento strategico nei contesti educativi.
Questo testo, frutto dell’esperienza pluriennale degli autori con minori, genitori e insegnanti, illustra, attraverso l’esposizione di molti casi clinici reali, le più comuni tecniche operative, utilizzate per la soluzione in tempi brevi di problematiche infantili e adolescenziali, attraverso una “terapia indiretta”, ovvero in assenza di adulti di riferimento.
Il libro è fondamentale per gli specialisti, ma è anche dedicato al vasto pubblico, poiché suddivide e tratta in maniera concreta ed esaustiva i problemi tipici di tre fasce d’età:
Una parte a mio avviso molto interessante del testo, riguarda alcuni casi esemplificativi di bambini considerati come DSA, ma che in realtà portavano con sé dei problemi ben diversi.
Poiché infatti si riteneva che alcuni alunni avessero un DSA, l’eccesso di attenzioni da parte di genitori ed insegnanti li portavano paradossalmente a sviluppare proprio questo tipo di disturbo e, anche quando la soluzione ai loro problemi poteva essere semplice e immediata, la “creazione del caso” rendeva tali problematiche ancora più complesse e difficili da risolvere.
Come si legge all’interno di questo interessante articolo, apparso nell’aprile del 2016 sul sito dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia: “vincere una difficoltà significa andare verso un diverso equilibrio, in cui tutti si sentono più leggeri, più capaci e più forti. Affrontare un problema apparentemente insolubile significa uscire dalle coordinate che lo hanno creato”.