Un trattamento efficace ed efficiente per le patologie mentali maggiori

Psicoterapia breve a lungo termine

«Non esistono pazienti impossibili ma soltanto terapeuti incapaci».

Don D. Jackson

 

E’ dimostrato come oggi sia possibile guarire anche da problemi psichici assai cronicizzati nel tempo e come i cosiddetti “casi impossibili” rappresentino una percentuale molto piccola delle patologie mentali maggiori.

Secondo l’approccio strategico, se nella maggioranza dei casi il cambiamento terapeutico avviene in poche sedute, con problemi particolarmente  gravi, quali ad esempio, anoressia nervosa, disturbo borderline di personalità, psicosi ecc., si rende necessaria una psicoterapia più prolungata nel tempo, affinché la persona riesca, a piccoli passi, a costruire una nuova omeostasi psicologica, in virtù di esperienze reali di apprendimento e acquisizione di nuove competenze sociali e relazionali.

Questo tipo di intervento non richiede un numero illimitato di sedute, ma una terapia inizialmente focalizzata a sbloccare il disturbo invalidante, nella quale successivamente si procede a rendere stabili gli effetti terapeutici ottenuti, attraverso incontri più diradati nel tempo.

La prima parte di questo percorso pertanto, è prettamente “strategica”, ossia diretta ad ottenere il cambiamento terapeutico nella maniera più rapida possibile, la seconda è di natura “esperienziale evolutiva”, per consolidare i risultati, mentre la terza è di tipo “cognitivo”, ossia volta a sviluppare il senso di autostima e efficacia personale del paziente.

 

La ricerca-intervento del Centro di Terapia Strategica di Arezzo con le patologie mentali maggiori

In trent’anni di ricerca e intervento sul campo, risulta che il 35% dei soggetti trattati presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo è rappresentato da patologie che richiedono una psicoterapia breve a lungo termine.

Molti di loro sono pazienti con una storia di prolungati trattamenti farmacologici alle spalle, che hanno bisogno di scalare progressivamente le medicine assunte, richiedendo pertanto tempi più estesi di terapia.

In oltre l’80% di questi casi, riguardanti disturbi cronicizzati, borderline o patologie appartenenti allo spettro psicotico, la sintomatologia è stata azzerata o significativamente ridotta entro le prime cinque sedute.

Spesso gli incontri successivi allo sblocco della patologia invalidante servono invece ad accompagnare la persona nella costruzione di una vita autonoma e soddisfacente.

Il percorso terapeutico viene considerato concluso solamente quando il soggetto dichiara di non sentirsi più a rischio di ricadute e quindi capace di fronteggiare le difficoltà quotidiane.

Anche il palazzo più imponente, se minato nei punti giusti, può crollare rapidamente. La sua costruzione, invece, richiede un lavoro lungo e faticoso (Nardone, Balbi, Vallarino, Bartoletti, 2017).

 

Come riuscire a trattare con successo le patologie mentali maggiori

All’interno del libro di Giorgio Nardone, con Elisa Balbi, Andrea Vallarino e Massimo Bartoletti, Psicoterapia breve a lungo termine. Trattare con successo anche le psicopatologie maggiori” (Milano, Ponte alle Grazie, 2017), viene formulata una proposta terapeutica rigorosa ed efficace nei confronti di disturbi mentali particolarmente gravi e pervasivi.

Questo libro propone una modalità terapeutica che si declina in due fasi: un primo cambiamento da ottenere in tempi rapidi, attraverso tecniche volte a interrompere la sintomatologia, e una fase successiva di “riabilitazione alla vita” e di supporto del soggetto a lungo termine.

Le storie di percorsi terapeutici, all’interno di questo testo, riguardano varie patologie mentali maggiori, quali ad esempio: un caso di paranoia con paura del giudizio e del rifiuto da parte degli altri, un caso di depressione con tendenze autolesionistiche e idee suicidarie, un caso di disturbo fobico-ossessivo grave con forte dipendenza nei confronti delle persone care, un caso di personalità multipla ecc.

Il lettore può, attraverso la narrazione, corredata da dialoghi terapeutici tratti da questi casi esemplari, calarsi nel vivo di un percorso di psicoterapia breve a lungo termine e comprendere, e prima ancora sentire, come il cambiamento terapeutico sia realizzabile anche in casi apparentemente intrattabili.

Allo stesso modo, lo specialista può trovarvi la spiegazione tecnica di alcune strategie terapeutiche, della loro messa a punto, nonché degli esiti ottenuti grazie a esse.

Nei confronti delle patologie mentali maggiori, non sono stati formalizzati dei veri e propri protocolli di trattamento, ma sono state definite delle manovre terapeutiche in grado di provocare una vera e propria esperienza emozionale correttiva, quali ad esempio, la tecnica del “controdelirio” (Watzlawick, Nardone, 1997), in grado di rimettere il paziente a contatto con la realtà, la tecnica del “pulpito serale” (Nardone, 1991), dove convogliare l’atteggiamento vittimistico di soggetti fortemente depressi o con mancato controllo degli impulsi, limitandone l’aggressività, oppure la tecnica di “ricerca delle conferme contradditorie” (Nardone, Balbi, 2008), in grado di smontare gravi manie persecutorie.

 

La tecnica di ricerca delle conferme contraddittorie

Questa tecnica è molto ben descritta nel racconto del caso di Giona, un uomo che vive da anni letteralmente barricato in casa, trascorrendo le sue giornate “cercando di difendersi da presunti, ma per lui reali, giudici inquisitori”.

Attraverso questa prescrizione, assecondando la credenza paranoica del paziente, gli si chiede di andare ogni giorno alla ricerca di segnali ostili e di rifiuto da parte degli altri: “Da qui alla prossima volta che ci rivedremo, io vorrei che lei ogni giorno, per almeno mezz’ora o al massimo un’ora, prendesse un bloc-notes e uscisse di casa con il solo proposito di ricercare nelle persone che incontra i segni che stanno pensando male di lei. Osservi i loro volti, le loro espressioni, la direzione dello sguardo, un ghigno, una postura strana. Può prendere subito nota oppure farlo quando torna a casa, l’importante é che si concentri sulla ricerca di tutto ciò che conferma il suo senso di rifiuto, di giudizio, di condanna”.

Attraverso questa manovra terapeutica, il paziente riuscirà finalmente a mettere fine alla sua condizione di isolamento sociale e, non ottenendo conferme del suo essere indesiderabile, inizierà anche a modificare gradualmente la sua percezione dei rapporti interpersonali e la reazione ad essi.